COME DARE CORREZIONI EFFICACI?
- Elisa Leveraro

- 13 ott 2020
- Tempo di lettura: 7 min

Prima di buttarci a capofitto sull'argomento "Quali correzioni sono le correzioni più efficaci", dobbiamo aprire una piccola parentesi su come l'allievo apprende e quali siano le tipologie di feedback su cui il nostro corpo si basa per farlo.
Alla base dell’apprendimento motorio vi sono i concetti di programma motorio generalizzato e schema motorio.
Il programma motorio generalizzato ci permette di rappresentare in memoria le caratteristiche di una classe di azioni. Si tratta di una rappresentazione mnemonica di un gruppo di movimenti e risposte che hanno in comune delle caratteristiche generali, costanti e invarianti, le quali permettono di inserire movimenti diversi all’interno della stessa categoria.
Si tratta di un sistema economico (nel senso che ci fa risparmiare risorse mentali) in grado anche di spiegare la possibilità di realizzare movimenti mai eseguiti prima.
Infatti, poiché ogni categoria contiene solo caratteristiche generali del movimento, che si concretizzano in parametri specifici come forza, durata, ampiezza, direzione e velocità, un movimento nuovo può venire memorizzato sulla base di un processo attivo e consapevole di apprendimento, che lo categorizza sulla base di sue caratteristiche generiche già presenti in memoria e collegate ad una determinata classe di azioni.

Il Concetto di schema invece, rappresenta l'adattamento del movimento, alla richiesta situazionale del momento. Si tratta di un’astrazione di una serie di stimoli che richiede una modifica, per consentirne l’applicazione e quindi produrre una risposta motoria specifica.
Esso è fondamentale quando un individuo attua un movimento per soddisfare un determinato obiettivo.
L’applicazione dello schema al programma motorio, permette di immagazzinare quattro informazioni fondamentali per eseguire il movimento:
1. Condizioni iniziali, ovvero le informazioni, ad esempio propriocettive, ricevute prima della risposta
2. Le specifiche di risposta ricevute dal programma motorio
3. Le conseguenze sensoriali della risposta (K.P.) prodotta, ovvero stimoli reali di feedback ricevuti da occhi, orecchie, propriocettori ecc
4. L’esito del movimento (K.R.)

Le informazioni di risultato (K.R.), derivano da informazioni che il soggetto riceve da un feedback esterno o soggettivo. Il feedback corrisponde a un insieme di informazioni che il soggetto che esegue un movimento ha la possibilità di ricevere ed elaborare e che gli permettono di controllare quel movimento ed eseguirlo con maggior efficacia
Il feedback si può distinguere in:
• Feedback Intrinseco: deriva direttamente dall’azione e dalle informazioni sensoriali di chi esegue il movimento. E’ relativo a informazioni che il soggetto riceve ed elabora grazie ai propri analizzatori: visivo, cinegetico-tattile, acustico e vestibolare.
• Feedback Estrinseco: deriva dalle informazioni provenienti da fonti esterne, come ad esempio l’allenatore o appunto il maestro di danza. Il Feedback estrinseco si divide in due tipi di conoscenze:
Knowledge of Results: conoscenza o feedback sul risultato. Si riferisce a quel tipo di informazioni che l’insegnante dà rispetto all’obiettivo che l’allievo avrebbe dovuto raggiungere col movimento. Si tratta di un argumented feedback che implica un focus attentivo esterno.
Knowledge of Performance: conoscenza o feedback sulla performance. Si riferisce a quel tipo di nformazioni che l’insegnante dà rispetto alle caratteristiche qualitative del movimento. Il K.P. sembrerebbe promuovere un focus attentivo interno.


Secondo la teoria di Adams(1971), l’apprendimento motorio creerebbe due tracce in memoria:
1.Traccia Mnestica o memoria di rievocazione: si tratta di un programma motorio di movimento responsabile della determinazione delle prime porzioni di movimento 2.Traccia Percettiva o memoria di riconoscimento: corrisponde alla conseguenza sensoriale dell’arto nella corretta posizione finale. E’ responsabile, ad esempio, nel guidare l’arto nella corretta posizione.
Durante il movimento, il soggetto compara i feedback in arrivo e la traccia percettiva al fine di determinare se l’arto si trovi o meno nella corretta posizione. Nel caso non lo fosse, avverrà un aggiustamento. Come ben spiega Schmidt in A Schema Theory of Discrete Motor Skill Learning (1975), al contrario di quanto si potrebbe pensare seguendo la teoria di Adams, Schmidt e Russel nel 1972 dimostrarono che il soggetto non sia realmente in grado di percepire il proprio errore tramite la sola traccia percettiva.
Durante l’esperimento ai soggetti fu chiesto di assumere 100 diverse posizioni chiedendo successivamente loro quale fosse l’errore attuato. Solo dopo gli si riferiva il reale errore eseguito, il quale nella maggioranza dei casi non corrispondeva a quello riferito dal soggetto. Schmidt spiega il fenomeno affermando che il soggetto può solo fornire un'idea del proprio errore, ma questa indovinata probabilmente non sarà correlata all'errore effettivo del processo. L'evidenza dimostrerebbe quindi, che senza informazioni di errore esterne e senza mostrare il corretto movimento di ciascun processo, nessun apprendimento può verificarsi. Il feedback intrinseco (K.P) invece, se troppo presente genererebbe dipendenza (Schmidt, 1991).
Vediamo perché:
Teoricamente il soggetto utilizzerebbe la traccia percettiva durante il movimento per guidare l'arto nella posizione corretta. Se, durante la prima prova senza feedback K.R. il movimento non è perfetto, la traccia percettiva sarà degradata in qualche modo a causa del feedback soggettivo di tale risposta. La risposta successiva sarà quindi meno accurata poiché la traccia percettiva è stata leggermente indebolita e alla fine, tale traccia diventerà sempre più debole, e le prestazioni saranno sempre più imprecise. Secondo Adams (1971) però, i soggetti potrebbero continuare ad imparare queste risposte senza K.R. dopo che è stata fornita una pratica di K.R. sufficiente, che avrebbe permesso di rafforzare la traccia percettiva. Schmidt continua la sua spiegazione, affermando che anche se così fosse possibile, teoricamente dopo che lo schema di riconoscimento è stato sviluppato, il ritiro del feedback costituirebbe una base per continuare a rispondere a un livello di precisione precedente, ma qualsiasi miglioramento non sarebbe possibile.
In base a quanto detto, possiamo quindi riassumere che un allievo oltre a comprendere esattamente la funzione dell’azione e la sua scomposizione, ha bisogno di un costante feedback per migliorare. Questo feedback deve essere riferito al risultato e devono essere informazioni che il soggetto non può ricavare da solo e che quindi non siano tautologiche. Ad esempio: dire ad allievo “hai perso l’equilibrio”, non ha molto senso in quanto egli stesso si rende conto di essersi sbilanciato, ma magari non ne comprende il motivo.
Lo specchio, di fatto rappresenta un feedback KR che possiamo definire intrinseco, perchè pur essendo esterno al soggetto egli usa la vista per interpretarlo. E' però un feedback visivo distorto, in quanto l’immagine è solo bidimensionale e opposta rispetto a quella reale, e inoltre possiede informazioni tautologiche rilevanti quanto l’affermazione “hai perso l’equilibrio”. Se l’allievo non conosce già in partenza i possibili errori che possono essere eseguiti durante quel movimento e come riconoscerli, le informazioni ricevute dallo specchio, di fatto non hanno nessuna utilità, perché non è in grado di interpretarle.
E’ l’insegnante la persona che conosce alla perfezione i BACs corrispondenti di ogni movimento e grazie alla sua esperienza conosce già in partenza quali errori potrebbe fare l’allievo, e al contrario dell’allievo che non ha esperienza sufficiente, è in grado di indicargli in quale BAC si sia verificato l’errore, che tipo di errore è stato eseguito, e come poter evitare di rifarlo. Molti insegnanti, non sono realmente in grado di fornire un feedback funzionale all’allievo e quindi utilizzano lo specchio in modo che sia l’allievo stesso a confrontare il proprio movimento con quello dell’insegnante, e che quindi sia in grado di auto-correggersi.
Focus attentivo e Feedback
Il ruolo dell’insegnante diventa molto importante durante l’apprendimento di qualsiasi attività, in quanto non solo rappresenta un modello da imitare, ma è anche colui che è in grado di correggere l’allievo e fornire un feedback adeguato per far si che l’allievo non esegua più quell’errore. Fornire il feedback corretto però non è così semplice e occorre prendere in considerazione diversi aspetti, soprattutto riguardanti il focus attentivo. Wulf e col. (1998, 1999) osservarono che i feedback dell'insegnante che si rifanno a un focus attentivo verso l’esterno sono più efficaci rispetto a quelli che promuovono un focus attentivo verso l’interno.
Quando si parla di focus esterno ci si riferisce all’idea che l’attenzione sia spostata al di fuori del proprio movimento, allo scopo del movimento o a un particolare fisico lontano dal proprio corpo, come ad esempio un punto lontano da guardare per riuscire a mantenere l’equilibrio.
Invece un focus interno si riferisce alle caratteristiche del proprio movimento, ad esempio una gamba che deve essere tesa. Il feedback con focus interno dunque, secondo Wulf e col. , non sarebbe effettivo in quanto ridondante rispetto alle informazioni che l’allievo già riceve dal proprio corpo (Feedback visivo e cinestetico), non fornendo dunque nessuna informazione aggiuntiva che possa aiutarlo a migliorare.
Nel caso non fosse chiaro, l’Argumented feedback intrinseco (KP), ovvero il Feedback KP fornito dall'insegnante tramite il canale verbale, non è la stessa cosa del favorire l'interpretazione del feedback propriocettivo! Ovvero non sto affermando che l'insegnante non deve promuovere la propriocezione, anzi! Sto dicendo che il tipo di feedback che l'insegnante fornisce NON DEVE ESSERE UGUALE a quello che l'allievo riceve dal proprio corpo. Le abilità propriocettive vanno invece stimolate, nel senso che l’allievo va aiutato a comprendere le informazioni che riceve dal proprio corpo, invece di fornirle esternamente.
Il feedback quindi per essere funzionale deve essere in grado di spostare il focus attentivo dell’allievo verso l'esterno, e non semplicemente offrire delle informazioni come ad esempio quelle fornite da feedback visivi che possono essere artificialmente rimossi.
Chi pensa ad esempio, che l'allievo possa autocorreggersi guardandosi allo specchio, sbaglia, in quanto lo specchio non può essere considerato un feedback efficace, poichè, come afferma Schmidt (1991) un feedback con focus intrinseco troppo frequente creerebbe dipendenza, generando un decremento della qualità della performance nel momento in cui questo feedback viene rimosso.
Basandosi su tali affermazioni, Rebecca Enghauser nel 2003, ipotizza l’utilizzo strategico di un accessorio nella danza, al fine di spostare il focus attentivo del ballerino verso l’esterno. Da parte mia, come insegnante anche di Danze Orientali, mi capita spesso di utilizzare degli accessori, poiché sono tipici della danza, ed effettivamente diventa molto più semplice comprendere l’effettivo movimento di un braccio quando è necessario che l’accessorio prenda una determinata forma o disegni una determinata immagine. A livello pratico, bisognerebbe evitare tutti quei feedback che tendono a ripetere informazioni che già l’allievo è in grado di reperire da solo - come ad esempio non aver mantenuto l’equilibrio corretto durante una posizione - mentre sono molto utili tutti quei feedback che si rifanno allo scopo, al disegno corporeo, alla funzionalità del movimento. Questo non significa che le informazioni sulle caratteristiche del movimento (K.P) non debbano essere fornite, poiché anch’esse rappresentano un errore che va corretto, ma vanno modulate correttamente.
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